Gruppi armati colombiani: tra protezione e intimidazione

Florence Tiffou tradotto da Alessandra Ferrini
17 Juillet 2015


Le industrie minerarie e petrolifere sono tra i principali protagonisti del conflitto colombiano; queste cooperano con diversi gruppi armati per proteggere i propri interessi economici a scapito del rispetto dei diritti umani. Analisi.


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Dopo più di 60 anni di guerra, il bilancio del conflitto colombiano è allarmante: 218.000 morti, 5,7 milioni di profughi, 25.000 persone scomparse, 1982 massacri e circa 490.000 donne vittime di abusi sessuali. Non stupisce che le industrie estrattive siano tra i principali responsabili di questi reati: diffondono la violenza e contribuiscono alla violazione dei diritti umani sul territorio per appropriarsi delle terre e per proteggere le risorse.

I rapporti tra il settore estrattivo e i gruppi armati sono chiari: le industrie ricorrono alla militarizzazione delle regioni per spostare le popolazioni e instaurare un clima di terrore. Ne conseguono minacce, attentati mirati, sparizioni forzate e la giudizializzazione, cioè il ricorso a processi legali contro le vittime e contro le donne e gli uomini che si oppongono allo sfruttamento.

Quando le industrie si insediano in zone controllate dai gruppi di guerriglia si vedono imposte una tassa di guerra. Tra il 1980 e il 2000 questo contributo rappresentava dal 40 al 60 % del bilancio dei gruppi rivoluzionari: un apporto maggiore di quello del narcotraffico. Così le industrie finanziano direttamente il conflitto armato.

Protezione delle risorse

Dopo essersi insediate e una volta pronte ad esplorare e poi a sfruttare (il territorio e la popolazione), le transnazionali del settore energetico ingaggiano degli agenti privati per garantire la protezione delle risorse. Questi agenti privati partecipano ad azioni illegali come la creazione di posti di controllo sulle strade violando il diritto alla libera circolazione degli abitanti. Nel 2013 la Corte Interamericana dei diritti umani ha denunciato la responsabilità degli agenti privati della società Occidental Petroleum che avevano condiviso informazioni strategiche con le Forze Armate colombiane. Un reato che ha condotto al massacro di Santo Domingo durante il quale 17 persone hanno perso la vita tra cui 7 bambini.

Lo stato colombiano conferma la sua complicità con le società estrattive mettendo al servizio delle industrie le forze armate e gli agenti dello Stato. Sono stati creati alcuni battaglioni speciali energetici con lo scopo specifico di proteggere i settori gestionali. Questi gruppi rappresentano il 36% dell’esercito colombiano. È importante sottolineare che la Colombia occupa il secondo posto a livello latino americano in termini di componente militare con 281.400 soldati. Una cifra impressionante che equivale a 6,2 soldati ogni 1000 abitanti. Senza contare i poliziotti e le altre forze armate dello stato.

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Aggiungiamo a questi ultimi il sostegno proveniente dai gruppi paramilitari che difendono gli interessi economici delle industrie estrattive e portano avanti minacce, attentati, violazioni delle norme nazionali e internazionali. Il legame tra il governo e i gruppi paramilitari è ben noto: “i poliziotti indossano passamontagna e fasce al braccio che indicano la loro appartenenza a gruppi di autodifesa”, ci informano delle vittime di atti di intimidazione. Secondo il governo, i gruppi paramilitari hanno smesso di essere una minaccia dal momento del processo di smobilitazione del 2003 durante il quale i paramilitari hanno accettato un cessate il fuoco. Da parte delle comunità, questa strategia è stata vista più come un mezzo per permettere l’impunità dei loro crimini. Oggi per non ammettere la presenza di gruppi paramilitari il governo di Santos preferisce parlare di “bande criminali emergenti” – BACRIM. Il problema di questa nuova denominazione è che le vittime di atti commessi dai membri della BACRIM non sono riconosciute come vittime del conflitto e non hanno quindi accesso alle protezioni garantite dalla Legge sulle vittime (legge 1448). Tra le misure adottate in questa legge, le protezioni includono la restituzione della terra, la ricollocazione o dei risarcimenti.

Violazioni dei diritti umani perpetuate

In Colombia le industrie transnazionali sarebbero responsabili di più di 1200 attentati mirati, di 3700 sparizioni forzate e di un milione di profughi. L’80 % delle violazioni dei diritti umani perpetrati contro le comunità autoctone o afro-discendenti ha luogo in zone di produzione mineraria o petrolifera. Inoltre, il 78 % dei reati contro i sindacalisti ha luogo in queste stesse regioni.

L’altra strategia sfruttata dalle industrie e dallo Stato per far tacere coloro che si oppongono alle attività delle transazionali è la giudizializzazione. In Colombia si contano più di 7500 prigionieri/e politici/che. I processi legali permettono di mettere un freno alle mobilitazioni e obbligano le organizzazioni sociali e le vittime a piegarsi alla questione giuridica piuttosto che dedicarsi ad altre azioni.

Le statistiche parlano chiaro e permettono di tracciare una correlazione tra la presenza di industrie estrattive e la militarizzazione delle regioni colombiane. Tuttavia, nonostante i tentativi di far tacere i leader sociali e i difensori dei diritti umani, le organizzazioni sociali colombiane e le comunità restano molto attive nel denunciare tutte le violazioni.