Svezia: leader mondiale dell’ambiente

Timothée De Rauglaudre tradotto da Alessandra Ferrini
28 Novembre 2015


La Svezia è uno dei pochi Paesi che presenta un modello valido per quanto riguarda le politiche climatiche e ambientali. In occasione della conferenza internazionale sul clima (COP21), il governo svedese conta di trarre vantaggio dalla leadership ambientale del Paese per incoraggiare i partner e arrivare ad un accordo efficace.


Fonte Thierry Deschamps
La COP21 riunirà a Parigi – Le Bourget, dal 30 novembre all’11 dicembre, i rappresentanti di 195 Stati. Tra questi, uno in particolare potrebbe ricoprire un ruolo fondamentale nel corso delle trattative; si tratta del Paese che ha accolto nella sua capitale, nel 1972, la prima conferenza internazionale sul clima: la Svezia. L’attuale governo svedese, in carica da ottobre 2014, e formato da una coalizione di socialdemocratici e verdi, ambisce ad affermare la leadership ambientale del Paese proprio in occasione della COP21. Forte del successo della sua politica climatica e ambientale, la Svezia vuole dimostrare i costanti progressi fatti in questo campo.

La Svezia conta non solo di incoraggiare i suoi partner, in particolare l’Unione Europea a rivedere al rialzo le sue ambizioni per quanto riguarda la riduzione delle emissioni di anidride carbonica, ma conta anche di focalizzarsi su questioni cruciali come il finanziamento delle politiche climatiche o l’uso delle nuove tecnologie. "Assumendosi la responsabilità dei cambiamenti climatici nel nostro Paese, indichiamo la direzione a tutte le altre nazioni", ritiene il Ministero per l’Ambiente e per l’Energia, diretto da Åsa Romson, Vice Primo Ministro e portavoce del partito dei Verdi.

Il governo spera di trovare un accordo ambizioso, dinamico e realmente vincolante tra i Paesi più disponibili a cooperare e in particolare quelli che sono più esposti agli effetti dei cambiamenti climatici. Inoltre si dichiara difensore degli Stati più poveri e vulnerabili che hanno il minor numero di risorse per lottare contro i cambiamenti climatici.

Il Paese scandinavo con 9,5 milioni di abitanti può ben sperare di assumere la leadership. Nel 2010 la Svezia occupava il quarto posto nella classifica mondiale Envirnomental Performance Index, realizzata da alcuni ricercatori di Yale e della Columbia University, dietro a Islanda, Svizzera e Costa Rica. Il Paese ha già ridotto le emissioni di anidride carbonica del 9% tra il 1990 e il 2006, diventando così uno degli Stati europei e dell’OCSE con la percentuale più bassa di emissioni di gas serra, pur essendo uno dei Paesi con il consumo energetico pro capite più elevato.

Non per questo la Svezia si basa sui traguardi già raggiunti, continua anzi a fissarsi nuovi obiettivi ambiziosi per i prossimi decenni. Tra questi vi è l’abolizione dei combustibili fossili per il riscaldamento entro il 2020, così come il raggiungimento della neutralità del carbonio e il miglioramento del 20 % dell’efficienza energetica entro il 2050. La percentuale di energie rinnovabili nell’approvvigionamento energetico del Paese, già al 45 %, dovrebbe raggiungere il 50% nel 2020. Tutti risultati che derivano da sforzi in gran parte realizzati dai cittadini che consentono all’economia svedese di essere la 7° su scala mondiale in termini di PIL pro capite, di avere un tasso di apertura economica del 90%, cioè due volte superiore a quello della Francia, e di conservare una dinamicità industriale alimentata da aziende di spicco come Volvo, IKEA o Electrolux e specializzata in prodotti di alta tecnologia e nella green economy.

Una cooperazione tra pubblico e privato

Per consolidare gli sforzi del Paese, lo sviluppo di progetti si moltiplica a diversi livelli e coinvolge attori sia del settore pubblico che privato. Anche se il successo svedese è in gran parte reso possibile dal significativo intervento economico dello Stato inerente al modello socialdemocratico, non per questo tale intervento soffoca il settore privato. Quest’ultimo non manca di spirito di iniziativa per sostenere la lotta verde del Paese, come IKEA che, a giugno, ha mostrato la propria volontà di raggiungere l’indipendenza energetica entro il 2020 investendo massicciamente nell’eolico e nel solare. Attori pubblici e privati lavorano insieme anche per costruire un modello di città sostenibile, una questione cruciale per riuscire a conciliare la crescente urbanizzazione con l’ecologia.

Gl’ecolo, la seconda città più grande della Svezia, ha lanciato a giugno una linea di autobus silenziosi e non inquinanti, alimentati dall’energia eolica e idroelettrica, utilizzando tre autobus elettrici e sette ibridi della Volvo Buses. Con lo stesso spirito di cooperazione, Stoccolma ha lanciato ad agosto un progetto di "smart city" nel quartiere di Stoccolma Royal Seaport che dovrebbe mostrare entro il 2030 una netta diminuzione delle emissioni di gas serra. Il progetto, che mira sia a concepire un modello urbano a impatto zero sull’ambiente che a favorire l’innovazione e l’occupazione, si basa sulle nuove tecnologie per attuare una gestione intelligente dei rifiuti attraverso una rete sotterranea di recupero o anche un sistema di programmazione condivisa dei percorsi e degli spostamenti.

Storicamente, la Svezia preferisce rimanere in disparte nello scenario internazionale. Il temperamento del Paese spinge la nazione a non mostrarsi come potenza nonostante i suoi numerosi punti di forza, siano essi di tipo economico o culturale. Affermando la propria leadership ambientale, la Svezia può cogliere un’occasione preziosa per inventare una nuova forma di potenza, guidando i partner su questa strada senza tuttavia entrare in una sterile competizione internazionale.